Storia


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Diego Barucco | Digital Artist

Percorrendo le antiche mulattiere che si snodano sinuose e lente lungo le pendici del colle Aita, ci si trova in un crocevia di storia che abbraccia, in un colpo d’occhio, un arco temporale che supera i tre millenni. In questi luoghi una natura amena e la pietra bianca, scolpita dalla fatica dell’uomo, si fanno artefici di una storia che ancora oggi affascina ogni visitatore. Qui sorgeva l’antico abitato di Sortino, una perla incastonata tra le possenti pietre di Pantalica e il monte Aita, un centro rigoglioso circondato da fiumi, torrenti e boschi, che prosperò fino al 1693, quando fu raso al suolo dal disastroso terremoto che colpì tutto il Val di Noto. Dopo il sisma, la nuova città fu edificata sul pianoro soprastante dove tutt’ora esiste, ma il sito non fu mai completamente abbandonato e sono molti i resti della città medievale che ancora oggi si possono ammirare.

Sortino Patria Antica, olio su tela - ‘700. Autore ignoto. Chiesa di S.Sofia di Sortino. Foto di Diego Barucco.

Preistoria

Tra le rovine dell'insediamento medievale resistono ai millenni alcune tombe a grotticella artificiale risalenti all'Antica Età del Bronzo (Facies di Castelluccio, XXII - XVI sec. a.C.), testimonianza di una frequentazione assidua del sito antecedente la nascita di Pantalica (XIII sec. a.C.).

Tomba a grotticella artificiale, facies di Castelluccio, XXII-XVI sec. a. C. Zona Scala Lonca. Foto di Diego Barucco.

Epoca tardoantica

Nel sito dell’antica Sortino è presente un complesso di grotte (Grotte ‘a fezza) profondamente danneggiato dal sisma del 1693, ma che conserva alcune tracce di ipogei tombali bizantini, così come indicano i resti di un arcosolio (V-VI d. C.).

Resti di arcosolio, V-VI sec. d.C. Rutti ‘a Fezza. Foto di Diego Barucco.

Origini storiche

1277. Le notizie certe più antiche del feudo di Sortino risalgono al 1277, quando il toponimo viene menzionato come casale nei registri angioini. Tuttavia esiste anche una tradizione, non sufficientemente documentata risalente al Mugnos, che indica Sortino tra le terre donate dalla regina Costanza ad Arnaldo di Modica tra il maggio e il novembre del 1198. Vito Amico racconta che nella seconda metà del ’300 il feudo di Sortino era conteso tra i cugini di Modica, Federico e Perrello. Quest’ultimo, coadiuvato da Artale Alagona, riuscì ad arrestare Federico «confinollo in prigione alla rocca di Sortino, dove dopo alcuni giorni la moglie di Perrello affogatolo con un laccio, precipitollo da un’altura» (Amico, Dizionario topografico della Sicilia, 1859).

Veduta del Castello di Sortino Antica, carboncino su cartoncino -1994. Gioacchino Bruno. Collezione privata.

1477. Il castrum Sortini rimase in possesso dei di Modica e poi di Ferdinando d’Eredia fino a quando quest’ultimo, dopo aver ottenuto dal sovrano la licenza di poter vendere lo “stato” di Sortino, stipulò l’atto di vendita a favore di Guidone Gaetani, capostipite della famiglia, il 24 marzo 1477, che ne ebbe il possesso senza obbligazioni con diversi diritti (acque, mulini, caccia, pesca, terre colte, incolte, ecc.). La famiglia Gaetani, di origini pisane, molto presto divenne una delle più importanti e illustri del Regno. Il padre di Guidone, Pietro, aveva infatti militato nelle file dell’esercito di Alfonso V, re di Aragona, e in Sicilia ricoprì la carica di Presidente del regno mentre il figlio Guidone, divenne Portulano del regno.

Stemma della Famiglia Gaetani. Marmo - ‘700. Convento dei PP. Cappuccini di Sortino.

Dentro il Castello vi era una cappella privata:

“In detta cappella fabricata dalla casa dei Gaetani vi furono assentate dai medesimi quattro messe il giorno e altra cappellania con obbligo di cinque messe la settimana.”

Gurciullo, Notizie delle chiese di Sortino, seconda metà del sec. XVIII)

Castello di Sortino Diruta, china su cartoncino - ’90. Gioacchino Bruno. Collezione privata.

1542. Terremoto

“Quasi in questo medesimo tempo, l’anno di nostra salute 1542, a’ dieci di dicembre, a ventitrè ore, un gran terremoto scosse tutta la Sicilia (…) e la fortezza del Castel di Sortino rovinando in un subito, ammazzò Beatrice padrona di quel castello, ed uccise anco il suo figliolo maggiore chiamato Guido con molte altre persone.”

Fazello, De Rebus Siculis, 1558

Tommaso Fazello - Storico ( 1498-1570 ). Ritratto.

Acquedotto Galermi (1576)

Canale Galermi, Pantalica. Foto di Dario Minnalà.

Nel 1576 Siracusa fu colpita da una grave carestia e da una violenta epidemia che mise a dura prova tutta la città. Nell’impossibilità di sopperire ai bisogni idrici della popolazione il Senato cittadino stipulò un accordo col barone Pietro Gaetani per convogliare le acque delle fonti di Sortino e Cassaro negli acquedotti e portarle a Siracusa. L’accordo si rivelò particolarmente vantaggioso per il barone, il quale si impegnò a ripristinare, a sue spese, gli antichi acquedotti di Galermo, «un’opera mirabile, e sorprendente per la loro larghezza, altezza e lunghezza, e che portano della meraviglia e stupore a chi li vede», ottenendo in cambio il diritto di possesso, per sé e per i suoi eredi, delle acque e dei mulini. Le spese per quest’opera grandiosa ammontarono a centomila onze. «È ignota poi l’epoca, e l’autore, della costruzione di tali aquidotti. Si crede da alcuni, che l’autore ne fosse stato Dionisio il Grande. (…) Sarebbe più opportuno credere per autore d’un opra così insigne Gelone, che cominciò a regnare nell’Olimpiade 73. Questi acquistando un considerevole numero di prigionieri nella vittoria, riportata degli Cartaginesi, si vuole, abbia impiegato i prigionieri al lavoro di tali aquidotti, opure nel governo susseguente di Gerone, dopo la morte di Gelone, che accadde nella Olimpiade 75 innanzi Cristo 477» (Gurciullo, Saggio storico critico su Erbesso, 1793).

Territorio. Bandi

Durante il loro dominio, estesosi per quindici generazioni, i Gaetani esercitarono anche una forma di tutela e salvaguardia del territorio e dell’ambiente di Sortino, come provano i numerosi bandi che regolavano la vita della comunità. Si proibiva, ad esempio, «lo piscare nelle fiumare di detta terra dalli 30 di novembre insino allo primo di quaresima per rispetto che in questo tempo li trotti fanno li fragugli, seu crea (…)». E, ancora, per il rispetto delle acque potabili «s’ordina e comanda che nessuna persona (…) debbia nello corso della fiumara di detta terra incominciando dalla Buttigliaria (…) possa mettere né fare mettere sorte alcuna di lini e cannali a mezzo nell’acqua di detta fiumara» (Banni et ordinationi, secc. XVII-XVIII).

Fiume Bottiglieria – Pantalica. Foto di Dario Minnalà.

1557. Miracolo dell’Annunziata

Nel 1557 a Sortino si verificò un fatto miracoloso. Nella chiesa della Santissima Annunziata si venerava un’immagine dipinta su tavola raffigurante l’Annunciazione. A causa delle forti piogge «un grosso torrente d’acqua diroccò la Chiesa e portossi via l’Immagine, che stava levata su e dritta colla faccia sempre rivolta alla sua cara Sortino, fin alla bocca del mare in Siracusa (…) Così in piede e dritta sovra l’acqua, e colla faccia verso Sortino la vidde un Cittadino di Siracusa per nome Nicolò Trajna, quale passando la notizia a sua moglie ch’era Sortinesa, già l’Imagine la riconobbero per quella che veramente era la Santissima Nunziata di Sortino. Ne diede subbito il lieto avviso aj Sortinesi occupati nel pianto per la perdita di detta Imagine» (Gurciullo, Notizie delle chiese di Sortino, seconda metà del sec. XVIII).

Annunciazione, olio su tavola – 1551. Autore Ignoto. Chiesa Madre di Sortino( Diritti Riservati ). Foto di Diego Barucco.

1647. Incendio degli archivi

Nell’anno 1647, a causa dell’imposizione di nuove tasse sul macinato, la popolazione di Sortino si ribellò e«tutte dunque le Scritture furono incendiate in quell’anno con notabilissimo detrimento di questa Università, e solo rimasero puochi atti, che per aventura si trovarono nelle case de’ particolari, e nella Casa di qualche Notaro»(Gurciullo, Notizie delle chiese di Sortino, seconda metà del sec. XVIII).

Stemma dell’Università di Sortino.

Chiesa madre antica e scala nova

Sortino Patria Antica – Particolare. Chiesa Madre e Scala Nova. Foto di Diego Barucco.

La Chiesa Madre di Sortino antica era situata nel centro dell'abitato in prossimità della Scala nova. Dal racconto tramandato dai vecchi del paese, superstiti del terremoto, si apprende che era stancante percorrerla tutta d’un fiato e, proprio per questo, in corrispondenza della sua metà, fu scavata nella roccia una nicchia dedicata a S. Maria del riposo (Bruno-Ingaliso, Sortino tra leggenda e realtà, 1993).«…descriviamo il sito e la dispositione della Chiesa Madre nella maniera che vedevasi prima di detto Terremoto del 1693 mezo la Città vicino la scala nova secondo le relazioni degli uomini antichi ancora viventi. Ella era di alte fabriche, grande, e spatiosa (…) La sua longitudine era dall’oriente a Ponente, benché mal disposta per la situazione delle porte, per essere il luogo, ove era piantata mal acconcio»(Gurciullo, Notizie delle chiese di Sortino, seconda metà del sec. XVIII).

Dell’antica Chiesa Madre, dopo il terremoto del 1693, non rimase nessuna fabrica, ma molti furono i materiali che furono recuperati dall'antico sito per costruire la nuova Chiesa Madre settecentesca. Da un volume di mandati di pagamento per l’edificazione della nuova Chiesa Madre di Sortino, troviamo notata una spesa di 18 tarì pagati«a dudici bastasi che portorono lo fonte baptisimale dalla Matrici subbissata à questa nova Matrice (…) Et più tarì 17 e grana 10 pagati à Antonio Guarino et altri per schavare intagli nella Matrice subbissata per trasportarsi in questa nova Matrice». Un’altra assegna 1 onza e 8 tarì «a mastro Gioseppe Mazzotta, mastro Giorgio Rio, et altri per havere travagliato giornati novi et menza per avere rimediato la campana grande per sonare il giorno delli morti et haver fatto il telaro di lignami di cerza sopra li pilastri di detta campana scavalchare et cavalchare le due campane che sono poste in detti pilastri...» (Archivio storico comunale).

Sant'Agata

Dalle fonti sappiamo che, anticamente, la Chiesa Madre di Sortino era la piccola chiesetta intitolata a S. Agata, che si trovava «di là del Castello dalla parte dell’Oriente (…) Si lascia alla censura di chi legge questa opinione che degli uomini antichi che vivono ancora in questi tempi; ma dee riflettersi che verisimilmente la chiesa Madre altronde trasportata, dovea portare il titolo di S. Agata e non già di S. Giovanni Evangelista come lo porta in fronte al presente (…) pensando essere stato piccolo il paese dal suo principio, ma poi cresciuto il numero degli abitanti dopochè entrò la famiglia di Gaetano nel possesso di Sortino negli anni 1477, fu’ di mistieri fabricare nuove case; e per dare al popolo già avanzato il commodo spirituale, fu trasportata la chiesa Madre mezzo la città, restando quell’anzidetta chesicula col titolo di S. Agata (…) Questa chiesa è antichissima, sebene nel terremoto successo nell’anno 1547 fu destrutta, ma di nuovo riedificata» (Gurciullo, Notizie delle chiese di Sortino, seconda metà del sec. XVIII).

Ruderi della Chiesa di S. Agata. Foto di Diego Barucco.

San Leonardo

Una chiesa dalle origini incerte è quella di S. Leonardo ma dalla visita pastorale del 1543 apprendiamo dell’esistenza di un beneficio istituito in favore di detta chiesa nel 1471. «Era già Chiesa ben arredata e ciò credo per esservi in essa la Confraternita. L’altare maggiore era di detto santo S. Leonardo titolare unito con l’altare di Gesù Cristo Resuscitato quale si portava per le strade il giorno di Resurrezione» (Gurciullo, Notizie delle chiese di Sortino, seconda metà del sec. XVIII).

Ruderi della Chiesa di S. Leonardo - Altare. Foto di Diego Barucco.

La Via Sacra

Nel periodo della quaresima, i fedeli percorrevano la cosiddetta Via Sacra. Questa «principiava ove delle Concazze. Ivi era piantata la prima nicchetta, seguivano poi altre quattro nicchette, che una se ne vede al presente colla figura dell’Ecce homo e terminava al Monte Calvario innanzi la detta chiesa di San Pietro. Doppo la gente andava utra utra, così chiamavano la strada sopra le saje fino alla fontanella, e si conducevano fino alla Chiesa del Carmine ch’era posta alla punta del Corso, in cui vi era la congregazione delle Cinque piaghe» (Gurciullo,Notizie delle chiese di Sortino, seconda metà del sec. XVIII).

Nicchia dell’Ecce Homo. Sentiero Utra Utra. Foto di Diego Barucco.

Le congregazioni

La Congregazione delle cinque piaghe era la più antica, costituitasi nel 1637 e agganciata alla chiesa di Maria SS. del Carmine. I suoi membri «dovevano farsi benedire l’abbito di Maria del Carmine e quello portare addosso come segno de fratelli e figli di Maria Vergine (…) farsi la confessione e communione in tutti i venerdì di marzo e in ogni 4 domenica coll’espositione del SS°». In caso di malattia o morte di un confratello dovevano «unirsi tutti i fratelli per far l’esercizi dell’agonia, e farci celebrare le tre e solite messe (…) alternativamente assistono tre fratelli tra quali un sacerdote pello spazio di ore due, e successivamente fino che morrà il fratello; quale morte vanno tutti i congregati ad accompagnare il cadavero vestiti col solo sacco e cappello nero, prevedendo innanzi la sola e nuda croce». Inoltre, dovevano «scorrere ai fratelli poveri e con carità farci sonare l’appello e farci l’esequio. Contribuiscono fratello grana sette d’elemosina per far l’esequio de morti e l’anniversario del Terremoto». Non si poteva, infine, accettare un fratello che era stato cacciato da un’altra congregazione o cancellato due volte dalla propria congregazione (Gurciullo, Notizie delle chiese di Sortino, seconda metà del sec. XVIII).

Chiesa dell’Annunziata, di S.Antonio Abate e Convento del Carmine della Sortino Diruta, china su cartocino – 1993. Gioacchino Bruno. Collezione privata.

Le Confraternite

Numerose erano anche le Confraternite, che «anticamente fiorivano per il gran numero de Confrati ascritti e per la gran devozione e fervore. (…) Numero sei erano le Confraternite ascritte alle loro rispettive Chiese. La Confraternita della SS. Annunziata, la Confraternita di S. Vito (…), la Confraternita di S. Sofia, la Confraternita di S. Antonio Abbate, la Confraternita di S. Leonardo e la Confraternita di san Sebastiano, de quali non abbiamo memoria alcuna circa la rispettiva antichità loro, e però se ne parla in confuso» ma dice il Gurciullo essere stata eretta prima del 1543. «I loro onori e prerogative erano solo eligere con voti il Procuratore, Tesauriero e Cappellano proprio della chiesa ogni lunedì sera doppo Pasqua di Resurrezione»(Gurciullo, Notizie delle chiese di Sortino, seconda metà del sec. XVIII).

Chiesa di S. Antonio Abate della Sortino Diruta, china su cartoncino – 1993. Gioacchino Bruno. Collezione privata.

Le Compagnie

Sortino Patria Antica – Particolare. Chiesa dell’Annunziata, di S.Antonio Abate e Convento del Carmine. Foto di Diego Barucco.

Molte erano anche le Compagnie, «così chiamate tanto per distinzione dalle Confraternite (…) quanto per essere una unione e compagnia di molti Cristiani devoti e fratelli e colle loro particolari regole, costituzioni e capitoli presenti». Quelle presenti a Sortino erano quattro: «la venerabile Compagnia sotto titolo dell’Immacolata Concezione, la Compagnia del Santissimo Rosario, la Compagnia di Maria SS. Del Carmine e la Compagnia del Santissimo Sacramento». Fra le Compagnie più antiche vi era quella dell’Immacolata Concezione, istituita nel 1556. I suoi membri erano tenuti all’osservanza di alcuni doveri. Il primo era quello di «confessarsi ogni seconda domenica di mese e la sera intervenire alla processione del Santissimo». L’altro consisteva nel «dare a ogni fratello grani 5 di elemosina per ogni mese ad effetto di impiegarli nella festa dell’Immacolata Concezione». Quando moriva un confrate «la Compagnia è obbligata far la carità di seppellirlo nella propria cappella e fossa e farci un esequio onoratissimo con messe lette e cantate per l’anima del fratello defunto (…) portando il cadavere in processione vestiti con sacco». Ogni confratello doveva «provvedersi del suo sacco, cappello, mantello a color cinerino e sua torcia. (…) Il numero dei fratelli di questa Compagnia nell’anno 1662 era in circa a quattro cento, come osservo dal libro antico di detta Compagnia ove si notavano i fratelli arrollati» (Gurciullo, Notizie delle chiese di Sortino, seconda metà del sec. XVIII).

Santa Maria d’Itria

La Chiesa di Santa Maria d’Itria ha origine incerta. Sappiamo che era situata «sotto una rupe realmente non sicura a stare in piede per una fissura che vi si vedeva ed andava allargandosi col tempo (…) Finalmente nell’anno 1666 sotto li 6 Novembre correndo il giorno di Domenica, precipitossi improvisamente, e colla rovina di molte case, e persone diroccò ancora la Chiesa suddetta d’Itria» (Gurciullo, Notizie delle chiese di Sortino, seconda metà del sec. XVIII).

Sortino Patria Antica – Particolare. Chiesa di Santa Maria d’Itria e pietre subissate nel 1666. Foto di Diego Barucco.

Ospedale di San Lorenzo

L’ospedale era costruito vicino la chiesa di San Lorenzo, per consentire agli infermi di partecipare alle funzioni religiose e soddisfare la loro devozione; «…lo spedale era diviso cioè la stessa chiesa con un cancello, dalla parte di basso vi residevano gli ammalati e serviva per l’infermeria. La parte di sopra serviva per chiesa e vi si celebrava la Santa Messa» (Gurciullo, Notizie delle chiese di Sortino, seconda metà del sec. XVIII).

Sortino Patria Antica – Particolare. Legenda. Foto di Diego Barucco.

Santa Suffia arrassu

Una chiesa molto venerata dai fedeli era quella di Santa Suffia arrassu. Essa era «distante dalla Città in circa cinque cento passi, di là al fonte chiamato il pozzo di S. Sofia verso l’Occidente appoggiata in una rupetta. L’origine di detta Chiesa è anzi affatto ascosta, si sape bensì essere stata fabricata dopo il martirio della Santa accaduto negli anni del Signore 203».

«Dicono detto Santuario essere stato abbitato dagli Eremiti, sebbene non assiduamente per la puoca commodità di due picciole stanze, che tuttora se ne vedono le vestigia, e comunicavano colla Chiesa per una porta che ancor si vede otturata» (Gurciullo, Notizie delle chiese di Sortino, seconda metà del sec. XVIII). Fino a qualche decennio fa, nei sette mercoledì dopo la Pasqua, secondo un’antica tradizione carmelitana, qui si praticavano esercizi di pietà e devozione verso la santa. In occasione di calamità o malattie gravi, le donne con i capelli sciolti e a piedi nudi, si recavano qui in pellegrinaggio recitando tradizionali preghiere e il Rosario di S. Sofia e ancora oggi i fedeli vi si recano ogni anno nei giorni tra la festa e l’ottava della santa patrona.

Ruderi dell’eremo di Santa Sofia arrassu, prima del restauro (2001). Foto di Gioacchino Bruno.

Monastero di San Benedetto

La regola di San Benedetto aveva trovato ampia diffusione in tutta Europa, e anche a Sortino era presente una comunità benedettina femminile con il suo monastero. «Sendo dunque affatto ignota a noi l’origine del detto Monastero di S. Benedetto, solo possiamo accennare lui essere stato ottimo nelle fabriche e nella Chiesa. (…) Il numero dei Moniali prima de Terremoti del 1693 montava a diecinove fra quali illustri nel Sangue e nella santità, cosi di Suor Maria Stella Rossi, che fu veduta doppo j terremoti più volte star pendola nell’aere, e degl’altre ne mancano le memorie, restati sepolti i manuscritti delle loro gloriose gesta sotto le rovine del Terremoto» (Gurciullo, Notizie delle chiese di Sortino, seconda metà del sec. XVIII).

Sortino Patria Antica – Particolare. Monastero di San Benedetto. Foto di Diego Barucco.

1693. Terremoto

Ruderi dell’abitato di Sortino Antica. Lastricheddu. Foto di Gioacchino Bruno.

Tra il 9 e l’11 gennaio 1693 il Val di Noto fu colpito da un violento terremoto, oggi si stima intorno ai 7.4 della scala Richter, che cambiò totalmente il tessuto insediativo isolano e diede il via ad una grandiosa opera di ricostruzione. A Sortino si contarono più di 3000 morti e la distruzione totale dell’abitato che, su disposizione dei Gaetani, fu riedificato più a nord sul colle Aita. «Nelli 9 di gennaro correndo l’anno 1693 circa l’ore 4 e mezza di notte, quando le cose nel silenzio profondamente assonnate godono un perfetto riposo, (…) si riscosse fortemente la terra sin da i fondamenti. Terremoto fu questo così orrendo, che fece crollare tutti i campanili delle Chiese, e roppe in pezzi la campana di S. Antonio, e colla perdita e rovina di molti uomini prima sepolti sotto le pietre che morti. (…) passata intera tutta la notte fra esercizi di carità, a chiaro lume s’avviddero quanta grande stata era la perdita delle fabriche, quanta degl’amici, quanta de’ parenti, quanta de’ Concitadini, e quindi ragunandosi in più luoghi, piangevano inconsolabilmente confusi. (…) mentre quel pio Popolo colle lacrime agl’occhi, e con lo spirito in su le labra cantava le divine laudi, ecco che la terra di nuovo scotendosi più fieramente die’ l’ultimo crollo alla Città, non avendo lasciato pure in piede una Chiesa né fabrica alcuna. Si svelsero poi dalla montagna cioè da quella rocca, ove era situata costegiando la Città, pietre di smisurata grandezza che correndo superbe per dove il loro natio pondo le portava, col suo petto più che di bronzo si abbattevano alle fabriche, e le rovesciavano in dietro con gran impeto. Grande fu certamente la moltitudine degl’uomini morti sotto le pietre che si contavano da 3700» (Gurciullo, Notizie delle chiese di Sortino, seconda metà del sec. XVIII). È lo stesso parroco Gurciullo a riferire, inoltre, che il terremoto fu profetizzato da una suora del Monastero di Monte Vergine, suor Cesaria Celona, morta nel 1692.

1697. Santa Maria del Casale e ritrovamento statua Gesù alla colonna

Sortino - Processione del Venerdì Santo con Cristo alla Colonna (Nummu ru’ Gesu). Foto di Dario Minnalà.

Nella Sortino del XVI secolo esisteva anche una chiesa, sotto il titolo di Maria SS. del Casale, nella quale si venerava una statua di Gesù legato alla colonna. Questa fu miracolosamente ritrovata tra le macerie quattro anni dopo il catastrofico terremoto del 1693, e portata nella nuova Sortino dove, ancora oggi, si venera. «Nell’Altare Maggiore di detta Chiesa, che era di ordinaria condizione, vi si adorava la Statua di Gesù Cristo legato alla Colonna, tenuta in gran devozione fino ad oggi da questi fedeli, ed era riposta detta Statua in una grotta, che gli serviva di Cappella. (…) quale statua doppo le rovine del terremoto fu trovata intatta sotto le pietre nell’anno 1697, e doppo portata processionalmente nell’anno seguente per licenza ottenta dalla Gran Corte Vescovile Siracusana sotto li 22 Marzo 1698». La statua era stata donata dalla Compagnia del Santissimo Rosario, istituita nel 1642, che aveva l’onore di portare in processione il Cristo legato alla colonna nella notte del Venerdì santo con lo stendardo nero. La processione, che si svolge ancora ai giorni nostri, era molto suggestiva iniziando la «sera circa ora una di notte. (…) Appresso a detta statua suole seguire quasi tutto il popolo e con segni di penitenza perché la maggior parte precisamente le donne vanno a piè scalzi e molti si battono in sangue o con sacchi vestiti oppure alla scoverta (…) quale processione in quei tempi terminava circa l’ore 4 di notte» (Gurciullo, Notizie delle chiese di Sortino, seconda metà del sec. XVIII).

Maria Santissima del Soccorso

L’unica chiesa rimasta in piedi e ancora oggi visibile, sebbene molto danneggiata, è la chiesa di Maria Santissima del Soccorso «che le fabriche non si diroccarono con i terremoti del 1693, sebene il tetto si fosse precipitato e la figura di Maria Santissima effigiata e dipinta nella viva pietra si vede ancora al presente. Il loco ove era fabricata è a mezza strada da Sortino diruto e la chiesa di fuori della Santissima Annunciata, attaccata in piede di una gran rupe, ed in essa si celebrava il Santo sacrificio ogni sabbato» (Gurciullo, Notizie delle chiese di Sortino, seconda metà del sec. XVIII).

Ruderi della Chiesa di S.S Maria del Soccorso con Gioacchino Bruno, fotografo e studioso di Sortino Antica. Foto di Diego Barucco.

San Francesco di Paola

Sotto al Castello, sopra una rupe altissima, nel punto di accesso a Sortino antica, vicino alla sommità della Scala nuova vi era la chiesa di Maria Santissima della Visitazione, detta della Porta. Questa chiesa crollò insieme alla Scala nova a seguito del terremoto del 1693. Adesso «è una bocca per dove la gente s’incamina alla terra antica poco discosta dalla Nicchetta di S. Francesco di Paola» (Gurciullo, Notizie delle chiese di Sortino, seconda metà del sec. XVIII). In questo luogo ora sorge una piccola chiesetta dedicata al santo.

Cappella di S. Francesco di Paola e panorama della Valle dell’Anapo. Foto di Dario Minnalà.

Il sito nel Settecento

Malgrado il rovinoso terremoto del 1693, il sito continua a vivere anche nei secoli successivi. In occasione della festa dell’Assunta, ad esempio, la gente si riuniva nei pressi della chiesa di S. Maria della Catena che era situata ai confini dell’antico abitato a occidente. Il parroco Gurciullo ricorda come «doppo aver assistito alla Messa se ne iva a sollazzarsi in quei giardini, mangiando frutta e non una fiata succedeva che vi si vedeva alzata una caldaia con carne bollita in quantità pronta a chi voleva andare a prendersene un morso chiamata a lingua nostra la cuccagna. Doppo pranzo poi si tratteneva in divertimento la gente facendo correre i ragazzi col premio di chi giungea prima al segno prefisso, alzavano ancora una trave alta unta con grasso e alla cima vi si collocava il palio che o conseguiva chi montava detto albero fino alla cima» (Gurciullo, Notizie delle chiese di Sortino, seconda metà del sec. XVIII).

Parroco Andrea Gurciullo, ritratto. Chiesa Madre di Sortino ( Diritti Riservati ). Foto di Diego Barucco.

Opifici

Dal dipinto settecentesco che raffigura l’abitato di Sortino prima del terremoto del 1693, vediamo che soprattutto nei pressi del fiume Guccione erano collocati, all’interno di grotte naturali o artificiali, diversi opifici che nel Settecento continuarono ad essere utilizzati, alcuni dei quali sono ancora oggi visitabili.

Ruderi del Frantoio di C.da Za’ Pasqua. Foto di Dario Minnalà.

Frantoi

All’estremità del versante occidentale del sito troviamo un opificio utilizzato per la lavorazione della polvere pirica e un frantoio. Per evitare furti e frodi, alla fine del XVIII secolo, il Vicerè Caramanico ordinò «che li trappeti dovessero essere con una sola porta situata nella publica strada (…) non avessero comunicazione alcuna interne ne con porte, ne con finestre».

Macine in muro a secco, C.da ‘Mprimmu. Foto di Diego Barucco.

Concerie

Ruderi della conceria Manfre’ di Sortino Diruta. Foto di Dario Minnalà.

Le antiche concerie rappresentano un luogo d’incontaminata bellezza. Collocate sull’argine settentrionale del fiume Guccione, nel quartiere “Carcarone”, uno dei quartieri più popolosi di Sortino diruta il cui nome deriva probabilmente da carcara, la fornace utilizzata per la trasformazione del calcare in calce, furono utilizzate fino alla prima metà del secolo scorso per la produzione di pellame. Alcune di queste sono ricavate nelle grotte, altre presentano, in continuità con l’ingrottato, delle fabbriche esterne. Queste ultime possiedono una sorta di solarium piastrellato con pietra locale che aveva la funzione di essiccatoio per i pellami. All’interno, in alcune vasche sono ancora visibili i segni delle corde utilizzate per tirare fuori le pelli lasciate a bagno. La concia si effettuava spostando le pelli in vasche piene di tannino, una sostanza di origine vegetale che si trova in misura abbondante nel sommacco, un arbusto molto diffuso nella nostra zona, la cui importanza si può desumere dal divieto di re Ferdinando di esportarne i semi al di fuori del regno  in quanto «priverebbe questa parte dei Reali Domini del commercio esclusivo di tale lucrosa produzione» e dal bando che ne vietava la raccolta «non sia persona alcuna così cittadina, come forastiera di qualsivoglia stato, grado e condizione che presuma nelli boschi e luoghi di questa terra di Sortino, e suo territorio e bosco della Bifera cogliere galla sopra o sotto li cerzi di detti boschi». Da una ricerca condotta presso l’Archivio storico comunale, si è scoperto che una di queste concerie apparteneva alla famiglia Manfrè. Un tale Nunzio Manfrè dichiara, infatti, di «possedere una Conciaria per acconciare ogni sorta di pelle di Bestiame sita e posta della Terra diruta di Sortino antico e nella Contrata dello Ruggio». C’è inoltre un’iscrizione, ancora visibile, sull’architrave della porta d’ingresso che riporta un nome e una data, «Vito Manfrè 1779», confermando tale possedimento. Un’altra conceria era di proprietà della SS. Annunziata, che infatti dichiara di possedere «una conceria in questo territorio ed in questa della Fontanella e nella Terra Vecchia diruta chiamata la Conceria della Grutta» mentre la proprietà delle altre due concerie, era della Chiesa di S. Sofia e del Monastero di Monte Vergine, con le relative dipendenze per il deposito della calce e dei materiali per la concia.

1896. Mulini di farina ed energia elettrica

Sul versante opposto all’abitato, sono ancora visibili i ruderi dei mulini di farina, trasformati nel 1896 in centrale per la produzione di energia elettrica di proprietà delle famiglie La Rosa e Serges. Gli anziani del paese raccontano che Sortino ebbe l’illuminazione elettrica prima di qualsiasi altro comune siciliano. Giovanni La Rosa, incontrò a Catania un tale che aveva appena acquistato il cinematografo (inventato un anno prima dai fratelli Lumiere). Non potendo fare il collaudo per la mancanza di energia elettrica, su suggerimento di La Rosa, portò l’apparecchio a Sortino, realizzando una proiezione all’aperto in piazza Francesco Crispi davanti al palazzo comunale nell’autunno del 1896.

Ruderi del mulino La Rosa-Serges. Foto di Gioacchino Bruno.

1839. Cimitero vecchio a Villa delle rose

Nel 1839 il Decurionato di Sortino, individuò nel piano antistante l’antico castello di Sortino, il luogo adatto alla costruzione del camposanto e di una chiesa. Tuttavia quest'ultima risultò troppo grande rispetto al piccolo camposanto. Per questo, «il Decurionato (…) delibera di spianarsi i materiali della chiesa già diroccata, ed invece della ricostruzione di essa formarsi una piccola cappella». Il cimitero, corrispondente all’attuale giardino chiamato Villa delle rose, fu utilizzato fino alla fine dell’800, cioè fino al momento in cui venne individuato l’attuale sito per il nuovo cimitero (Archivio storico comunale).

Murale di Villa delle Rose – Castello. 2002. S.Pane - A.Rapisarda - G.Bruno - M. Matera. Foto di Diego Barucco.

Inizi ’900. Agrumicultura

Agli inizi del Novecento, la diffusione degli agrumeti, iniziata già nel Settecento, ridisegna completamente il paesaggio agrario sortinese. In particolare, la creazione dei terrazzamenti, la costruzione delle opere primarie per l’irrigazione e la piantumazione degli agrumeti nel sito dell’antica Sortino ha inevitabilmente compromesso la topografia di una parte dell’abitato i cui resti affiorano inaspettati tra il verde dei giardini.

Testi a cura di Selena Marino e Dario Minnalà.

Agrumeti e grotte di Sortino Antica. Foto di Diego Barucco.

CreAZIONI giovani – Giovani protagonisti di sé e del territorio – Linea di intervento 1 “Laboratorio Sortino Antica”
Progetto finanziato dalla Regione Siciliana - Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro, e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale.
Prog. CUP n° G56J16000320003 Decreto di Finanziamento DDG n°1324 del 07/06/2016
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